martedì 26 gennaio 2010

ANSIA DA PRESTAZIONE E MODELLI SESSUALI


Nel secolo trascorso abbiamo assistito a un sempre maggiore affrancamento dalle precedenti restrizioni all'espressione e al comportamento sessuale. E' frequente oggi assistere a discussioni sulla sessualità in contesti dove in passato sarebbe stato impensabile anche soltanto pronunciare la parola "sesso"; di fronte a questo tema è inoltre comune dimostrare una mentalità aperta e un maturo interesse. Anche se grandi passi restano ancora da compiere sembrerebbe che la strada verso un'emancipazione della sessualità vanti nella società odierna significativi traguardi. Se tale sviluppo è tangibile nella nostra vita sociale, ne possiamo riscontrare il riflesso anche nella sfera intima?
Probabilmente la risposta non è così scontata; già negli anni '60 Alexander Lowen parlava di una "sofisticazione sessuale" della società moderna specificandone la distinzione dalla più auspicabile "maturità sessuale". Lowen descrive l'individuo rispondente a tale modello come apparentemente libero da sensi di colpa e inibizioni, appassionato di letteratura erotica, informatissimo circa le diverse posizioni e tecniche amatorie, favorevole ad un atteggiamento obiettivo e scientifico verso la sessualità e così via. Un vero esempio di emancipazione sessuale dunque, eppure spesso tutto questo non si accompagna ad una piena soddisfazione nella sfera della sessualità, stiamo parlando di una frustrazione non derivante dalla mancanza di occasioni di esperienze sessuali, ma da un'incapacità di ottenere la felicità e l'appagamento che l'amore sessuale promette.
Rappresentano soltanto la punta dell'iceberg di tale fenomeno i numerosi casi di disagio sessuale di fronte ai quali si trovano quotidianamente medici e sessuologi, ma basta pensare anche alla copiosa diffusione di rubriche sessuologiche su riviste non specializzate o al successo di manualetti con titoli del tipo: "far bene l'amore" o "farla felice a letto". Potremmo supporre che l'individuo medio di oggi pur dimostrando, rispetto al passato, maggiore informazione e ampiezza di vedute in tema di sessualità, tradisca una certa confusione e incertezza per quanto riguarda la sua funzione sessuale e gli obiettivi dell'atto amoroso.
Il rapporto sessuale è spesso vissuto come una dimostrazione di quella "competenza" che determinati modelli culturali ci impongono e che dovrà essere confermata dalla soddisfazione del partner. Di qui l'inevitabile esito in ansietà legate alla paura dell'insuccesso, della disconferma, del fallimento; per quanto riguarda l'uomo queste si manifestano nella paura di incorrere in episodi disfunzionali quali l'eiaculazione precoce e la disfunzione erettile, nella donna nel timore di non raggiungere l'orgasmo o in ogni caso di non corrispondere a quel modello di sessualità idealizzata con i quali i media quotidianamente ci confrontano.
La paura del fallimento ha oggi prevaricato qualsiasi altro tipo di timore riguardante la sfera della sessualità, sono infatti in buona misura superate le paure che in passato derivavano dalla disinformazione e dalla colpevolizzazione del sesso; ma a ben vedere anche il timore di una prestazione fallimentare ha le sue origini in una concezione dell'atto sessuale distorta e basata su false credenze.
Dal timore del fallimento alle sintomatologie disfunzionali connesse all'ansia da prestazione come sappiamo il passo è breve; d'altronde la stessa parola "prestazione" richiama l'idea di una prova fornita, intesa a richiamare l'attenzione sulle particolari capacità di colui che si esibisce. La prestazione ha sempre carattere pubblico, nel senso che il modo in cui l'atto viene eseguito è soggetto all'osservazione e alle critiche di un'altra persona o di un pubblico; il concetto di prestazione, di esibizione distingue le azioni pubbliche da quelle private. L'atto sessuale da atto squisitamente privato diviene esibizione quando è finalizzato ad impressionare il partner più che ad esprimere un sentimento interiore. La soddisfazione del partner diviene più importante del proprio piacere con la conseguenza di un appagamento sessuale soltanto parziale.
Nelle terapie sessuologiche delle disfunzioni sessuali assume particolare importanza il fatto che il paziente non continui a preoccuparsi della prestazione: a questo fine si giunge a farlo focalizzare sulle proprie sensazioni erotiche orientandolo a concentrarsi sul proprio appagamento sessuale, dal momento che il piacere dipende in larga misura dalla capacità dell'individuo ad abbandonarsi alle proprie sensazioni erotiche.
E' bene ricordare che il desiderio di procurare piacere al partner e condividerlo con lui è non solo augurabile e salutare, ma anche un requisito importante per un rapporto sessuale soddisfacente. Tuttavia se esiste una volontà ossessiva di dare piacere, di prodursi in una prestazione, di non deludere, allora, come afferma la Kaplan (1974), potremmo trovarci di fronte a una grossa causa di emozioni distruttive. Le persone ansiose nei riguardi della sessualità restano spesso al di fuori di sé, mantengono uno stretto controllo delle proprie emozioni e osservano le proprie reazioni sessuali; questa tendenza a osservare con gli occhi di un giudice la propria maniera di fare l'amore è altamente dannosa per la sessualità. Questo fenomeno è stato definito da Masters e Johnson "spectatoring".
Se un individuo non compie l'atto sessuale come prestazione, come esibizione per sé o per il partner, non ha più senso nemmeno parlare di fallimento, in quanto si esce da una dimensione di valutazione e giudizio; non si è più osservatori del proprio corpo, e dunque esterni ad esso, ma vi è una partecipazione totale all'atto sessuale. Per un'attività sessuale soddisfacente l'individuo deve essere in grado di sospendere tutti i pensieri distraenti e perdersi nell'esperienza erotica; in questa accezione la vita sessuale della coppia è orientata al fine del piacere sessuale invece che alla prestazione e all'orgasmo, nessuno dei due chiede all'altro la sua aspettativa di prestazioni fisiologiche, né la esige da sé stesso.
Disfunzioni sessuali di origine psicogena connesse all'ansia da prestazione e a fenomeni di spectatoring possono essere efficacemente trattate mediante terapie sessuali brevi (centrate sulla soluzione del sintomo) o con psicoterapie a mediazione corporea. Una consulenza professionale sarebbe comunque auspicabile in tutti quei casi in cui la vita sessuale è vincolata e limitata dalla frenesia della prestazione e dal timore del fallimento con l'obiettivo di attivare un "pensiero" sulla sessualità che sia più funzionale alla reale soddisfazione dell'individuo e della coppia.


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mercoledì 20 gennaio 2010

L'IPNOSI IN PSICOSOMATICA E SESSUOLOGIA


L’ipnosi clinica di fine ‘800 e in particolare l’opera del neurologo Hippolyte Bernheim, del quale lo stesso Freud fu allievo, assumono un ruolo fondamentale nello sviluppo delle moderne psicoterapie. Fin nelle loro prime applicazioni le tecniche ipnotiche hanno avuto come oggetto privilegiato lo studio e la cura di quelle manifestazioni sintomatiche che si collocano tra lo psichico e il somatico.
Nel pensiero comune l'ipnosi medica viene spesso confusa con le esibizioni di ipnotisti da palcoscenico divenendo vittima di analoghi pregiudizi e diffidenze; tuttavia nell'ambiente scientifico tale tecnica ha continuato ad avere significativi spazi di sviluppo e di applicazione, vedendo negli anni l'affermarsi di alcune sue rielaborazioni come il training autogeno, l'EMDR e la Programmazione Neuro Linguistica (PNL). 
Negli Stati Uniti le tecniche ipnotiche sono ben note in ambito medico ed odontoiatrico quali strumenti alternativi all'utilizzo di anestetici locali, nel trattamento del dolore cronico e nell'induzione di analgesia durante il parto. La gestione del dolore è tuttavia soltanto uno dei molteplici ambiti applicativi dell'ipnosi.
Nella ricerca e nella clinica psicosomatica l'ipnoterapia si è rivelata efficace nel trattamento di numerosi disturbi e sindromi quali per esempio la cefalea, il colon irritabile, le intolleranze alimentari, la dismenorrea, l'ipertensione arteriosa, la psoriasi, la dermatite.
Le tecniche ipnotiche consentono infatti la modulazione e regolazione di quei processi psicofisiologici e vegetativi che sono direttamente coinvolti nei disturbi somatici funzionali consentendo lo sviluppo di un diverso equilibrio psico-biologico nel quale non trova più posto il fenomeno patologico.
Le caratteristiche dell'ipnoterapia la rendono inoltre particolarmente indicata per il trattamento dei disturbi d'ansia e le alterazioni del sonno.
Allo stesso modo l'ipnosi rappresenta un potente strumento nella terapia dei disturbi sessuali consentendo un intervento sulle cause e i processi emotivi profondi che determinano il manifestarsi di problematiche come la disfunzione erettile, il vaginismo, l'eiaculazione precoce e il calo del desiderio sessuale.
Rispetto alla possibilità di fruire di tale strumento è oggi superato il concetto di “ipnotizzabilità” che distingueva tra soggetti predisposti o meno all'induzione ipnotica; il requisito necessario all'utilizzo dell'ipnosi è essenzialmente la propria volontà e motivazione ad avvalersene.
Contrariamente a quei pregiudizi e false credenze che la vogliono una tecnica manipolativa e coercitiva, l'ipnosi terapeutica si fonda su una collaborazione attiva del soggetto e rappresenta un vero e proprio training in cui la persona apprende la possibilità di accedere a risorse che abitualmente agiscono “sotto soglia” senza essere direttamente percepite e orientate dalla nostra coscienza razionale. L'utilizzo dell'ipnosi all'interno di un lavoro psicoterapeutico e la sua integrazione con tecniche psico-corporee e cognitivo-comportamentali costituisce l'approccio più completo ed efficace, consentendo un intervento su più livelli che ben corrisponde alla natura complessa e multifattoriale propria dei fenomeni psicosomatici e psicosessuali.

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sabato 16 gennaio 2010

PROBLEMI DI EREZIONE: ORIGINE ORGANICA O PSICOLOGICA?



Oggi sappiamo bene come l’aspetto psicologico insieme a quello organico possano essere variamente responsabili dell'origine della disfunzione erettile e di come una corretta diagnosi debba prevedere una accurata valutazione dei fattori coinvolti su entrambi i livelli attraverso la collaborazione tra l'andrologo e lo psicologo-sessuologo.
Gli studi epidemiologici e la prassi clinica suggeriscono che negli uomini di età superiore ai 60 anni vi è maggiore probabilità che alla base della difficoltà erettile vi siano problematiche organiche mentre con il diminuire dell'età si tende ad una quasi totale prevalenza di problemi di erezione di origine psicologica.
Sul versante organico la normale funzionalità erettile può essere influenzata da diverse condizioni mediche come il diabete, l'ipertensione arteriosa e l'utilizzo abituale di alcune categorie farmacologiche quali gli antipsicotici, gli antidepressivi ed alcuni farmaci antiipertensivi.
Su un piano psicologico i possibili fattori causali comprendono la generale tendenza ansiosa, la depressione, l'ansia da prestazione, l'eccessiva auto-osservazione, il calo della libido, le dinamiche relazionali, le variabili psico-educative e le conflittualità inconsce. Spesso in questi casi l'erezione è presente nell'autoerotismo o comunque durante il sonno, suggerendo come siano assenti impedimenti organici alla risposta erettile. Per quanto non sufficiente ad una diagnosi, questa osservazione dovrebbe orientare per un consulto psico-sessuologico.
Negli ultimi 20 anni è notevolmente aumentato il numero di uomini che decide di ricorrere ad un supporto specialistico per affrontare la difficoltà erettile. La consapevolezza di poter risolvere il problema è infatti stata favorita dalle campagne di informazione mediatica avviate dopo la commercializzazione di farmaci come il Viagra. Per quanto infatti le cause psicologiche della disfunzione erettile fossero ben trattabili anche in passato, la disinformazione e i pregiudizi verso la scienza psicologica rappresentavano una barriera per molti uomini rassegnatisi a convivere con il problema.
Nonostante gli importanti sviluppi verso una corretta informazione e consapevolezza di come la terapia sessuologica possa risolvere alla radice le cause psicologiche della disfunzione erettile, è ancora attuale una certa tendenza a preferire un supporto farmacologico palliativo pur in assenza di una causalità organica. Tale opzione, oltre a rappresentare una soluzione temporanea, contiene i rischi di una dipendenza psicologica dall'assunzione del farmaco che si associa alla possibilità che nel tempo la problematica psicologica giunga a prevalere sugli effetti del farmaco. Molte situazioni arrivano infatti all'attenzione dello psico-sessuologo soltanto dopo l’insuccesso di un simile iter medico che comporta in genere un più laborioso procedere terapeutico oltre ad una condizione di maggiore disagio e scoraggiamento del paziente e della partner.
Per le stesse ragioni necessitano cautela da parte del clinico i tentativi di intervenire farmacologicamente su difficoltà sessuali di origine psicologica allo scopo di “sbloccare” la difficoltà emotiva del paziente. Tale ipotesi terapeutica dovrebbe infatti essere valutata da caso a caso insieme al sessuologo e comunque accompagnata da una consulenza psico-sessuologica utile a prevenire le già citate complicanze.
Di fondamentale importanza è dunque il ruolo attivo del paziente nel ricercare un quadro completo dei fattori coinvolti nel proprio problema e delle opzioni terapeutiche a propria disposizione.


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lunedì 11 gennaio 2010

IL VAGINISMO, TRA INCOMPRENSIONI E TERAPIE EFFICACI


Il vaginismo è una problematica di origine psicologico-emotiva che si manifesta a livello fisico attraverso una contrazione involontaria dei muscoli esterni della vagina tale da rendere impossibile il rapporto coitale. Tale fenomeno psicosomatico si verifica specificamente in risposta ad approcci sessuali finalizzati ala penetrazione ma può anche essere presente in altre pratiche erotiche e in occasione della visita ginecologica. A tale condizione può associarsi un'intensa esperienza di dolore sperimentata nei tentativi di penetrazione così come un'anticipazione fobica di tale dolore che scoraggia sul nascere tali approcci.
Le cause del vaginismo risiedono nel rapporto con il proprio corpo e con la propria sessualità, coinvolgendo spesso dinamiche psicologiche profonde.
Molte donne che soffrono di vaginismo descrivono un conseguente vissuto di inadeguatezza e svalorizzazione della propria femminilità che rappresenta una minaccia per la qualità della propria vita relazionale ed affettiva, comportando nel tempo il rischio di un vero e proprio sviluppo depressivo.
La ricerca di un aiuto specialistico non sempre porta ai frutti sperati e molte donne raccontano purtroppo di essersi sentite svalorizzate o incomprese da atteggiamenti medici tendenti ad una banalizzazione della situazione, alla colpevolizzazione dell’incapacità di compiere un atto “così naturale”, fino ad arrivare a suggerimenti di provare con un altro partner. È inoltre frequente la proposta di approcci invasivi e spesso inefficaci come il ricorso alla chirurgia o l’utilizzo di miorilassanti e anestetici locali durante l’atto penetrativo.
D'altronde anche negli approcci più competenti non è rara la proposta di protocolli terapeutici standardizzati che rischiano di divergere dalle esigenze e le caratteristiche soggettive della paziente.
La difficoltà nel trovare il supporto sperato tende a scoraggiare la ricerca di  un aiuto esterno alimentando il vissuto di incomprensione e solitudine rispetto ad un problema che già per sua natura non è semplice condividere.
È in tal senso importante sottolineare come nel trattamento sessuologico il vaginismo è sempre associato ad una prognosi favorevole e come il percorso terapeutico possa essere sviluppato insieme alla donna e/o alla coppia in sintonia con i propri vissuti, valori ed esigenze, ottimizzandone in tal modo l'efficacia.
L'approccio sessuologico prevede l'integrazione del colloquio psicologico con l'apprendimento di tecniche di rilassamento autogeno e modulazione dei processi psicofisiologici oltre all'utilizzo delle esperienze terapeutiche strutturate (homeworks) proprie della terapia sessuale.
In presenza di un rapporto di coppia stabile può rivelarsi importante il coinvolgimento del partner nei modi e nei tempi che il terapeuta valuterà opportuni. Resta in ogni caso ben percorribile la strada di un esclusivo trattamento individuale per le single e quando le circostanze lo richiedano.


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sabato 9 gennaio 2010

MATRIMONIO BIANCO: QUANDO LA VERGINITÁ DIVIENE BARRIERA



Si parla di matrimonio bianco nel caso in cui una coppia sposata non abbia ancora potuto esperire un rapporto sessuale completo conservando una condizione di verginità.
La difficoltà che è all'origine di tale situazione può corrispondere a diverse tipologie di disfunzioni sessuali con una prevalenza del vaginismo nella donna e del deficit erettile nell'uomo.
Le cause del problema sono di natura psicologica collocandosi nella dimensione emotiva e psico-corporea dell'intimità sessuale. Un ruolo significativo è assunto dalle caratteristiche del back-ground educativo e delle fasi evolutive del proprio rapporto con la sessualità e con la corporeità erotizzata. L'immaginario di una barriera, fisica o psicologica, è spesso utilizzata per descrivere il modo di percepire il problema.
Nonostante il disagio che può derivare dal vissuto di una sessualità incompleta, la coppia dispone spesso di un'ottima sintonia relazionale con ampi spazi di condivisione e comunanza di valori. D'altronde nell'ambito della stessa sfera sessuale può esservi una buona intesa con reciproca soddisfazione e scambio di piacere attraverso attività non coitali.
La presenza di tali aspetti compensatori rappresentano certamente una grande risorsa per i rapporto di coppia ma allo stesso tempo possono favorire una prolungata convivenza dei coniugi con la problematica sessuale prima che sia matura un'autentica iniziativa e motivazione ad affrontarla. Il desiderio di un figlio diviene in molti casi lo stimolo a ricorrere ad un supporto specialistico e non è raro che ciò avvenga soltanto quando l'orologio biologico vede significativamente ridotto il periodo utile ad un concepimento.
Una ulteriore complicazione può sopraggiungere nella fase diagnostica della problematica che comporta il rischio di una lettura parziale e medicalizzante del sintomo con carente attenzione alle radici psicologiche e alle implicazioni relazionali della difficoltà con cui la coppia si trova confrontata. In tale eventualità l'approccio farmacologico e la proposta di terapie fisiche invasive sono destinate a fallire prolungando ulteriormente la permanenza della difficoltà e scoraggiando i coniugi circa la reale possibilità di uscire dalla loro condizione fino a mettere in discussione il loro stesso progetto di genitorialità.
La strada terapeutica più centrata ed efficace è indubbiamente l'approccio psico-sessuologico che prevede la partecipazione di entrambi i coniugi in una terapia di coppia o l'alternarsi della terapia individuale con incontri di coppia. Il trattamento si fonda sull'integrazione del colloquio psicologico con tecniche di analisi ed elaborazione dei vissuti corporei e la possibilità di esperienze terapeutiche che la coppia vive nell'intimità domestica.
La prognosi è in genere favorevole con il raggiungimento di risultati progressivi che vedono come tappe fondamentali la possibilità di portare a termine l'atto penetrativo, l'esperienza di piacere durante il rapporto, il raggiungimento dell'orgasmo coitale e quindi la completa soddisfazione e benessere sessuale di entrambi.

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